L’ultimo fronte della guerra al “lavoro” e allo sviluppo “sociale” della cooperazione.

Cenno storico

“La prima forma di società cooperativa nasce in Inghilterra nel diciannovesimo secolo ed esattamente a Torino nel 1854 sorge la prima cooperativa in Italia.

Tale modello associativo nasce con il fine di contrastare le ingiustizie della rivoluzione industriale, a tutela e «riscatto» del proletariato. Alla base c’era un obbiettivo chiaro: creare un’entità giuridica che rappresentasse l’unione di tutti i soggetti appartenenti alle classi meno abbienti, consentendo loro di lavorare dignitosamente e soprattutto competere con le grandi aziende già presenti sul mercato unendo forza lavoro, capitale e tutte le risorse loro disponibili.”

Per oltre trent’anni abbiamo operato nel mondo cooperativo del credito nei vari settori di gestione dei finanziamenti e del risparmio, delle unità sul territorio e dello sviluppo dell’azienda. E in questo periodo sempre abbiamo intrecciato relazioni e collaborazioni con il cooperativismo sociale di tipo A e B.

L’articolo prende forma da questa esperienza ponendo all’attenzione del pubblico alcune riflessioni che riteniamo strategiche per offrire una chiave di lettura del potere inespresso e latente in questo tipo di società.

Valore e Volere sono gli argomenti sui quali soffermarsi.

  • Valore: spesso confuso con costo e prezzo, che limitano la capacità di risposta nelle organizzazioni.
  • Volere: è il principale ostacolo che si frappone allo spirito associativo dei lavoratori.

Una Banca di Credito Cooperativo ha lo stesso Valore di una Banca tradizionale? Perché le persone si rivolgono a questa tipologia di banca? I giovani ne sono attratti o preferiscono fare scelte diverse? Il Brand è sinonimo di qualità, di convenienza o di semplicità?

Una Cooperativa che opera in ambito sanitario perché viene scelta per l’esecuzione di un mandato? Si scontra con altre Cooperative e ditte su che ambito: servizi e qualità o prezzo? E il prezzo che consente di vincere il bando permette l’evoluzione della Cooperativa o ne compromette la solidità e la capacità di rimanere sul mercato?

Una Cooperativa di costruttori ha la capacità di affrontare commesse di grandi opere? Quali sono gli ostacoli che trova nel confronto con le grandi imprese di costruzione? Viene vista come un esecutore di lavori di manovalanza e logistica o considerata come un soggetto competente e qualificato?

Il percepito è che oggi la “cooperativa” sia sinonimo di organizzazione a basso valore aggiunto fatta da personale con limitata professionalità; il che comporta un notevole stress emotivo negli amministratori e nei lavoratori, un basso livello di reddito individuale e un’attrattività di talenti e di lavoratori molto bassa.

Nell’analisi delle organizzazioni cooperative emerge come queste siano concentrate sul fare (oggetto sociale) il lavoro materiale richiesto, sia in proprio sia conto terzi. Lo sviluppo delle attività viene interpretato come un adeguamento alle richieste dell’utenza e non rientra in un più ampio contesto di analisi e risposta alle evoluzioni della società e al formarsi di nuove esigenze.

Alcuni esempi

  • Le banche di credito cooperativo offrono un servizio capillare di presenza sul territorio a famiglie e piccoli e medi operatori business. I limiti di questo business sono già evidenti: l’offerta digitale è ferma al conto on line che “per aprirlo devi recarti allo sportello”. Un abisso rispetto a quello che già da anni è possibile ottenere nel web. Risulta evidente come i costi di “presenza sul mercato” di queste banche siano altissimi con prodotti tradizionali a bassa redditività e attrattività digitale.
  • La cooperativa che svolge attività di servizio sanitario verso terzi ha difficoltà di rimanere attiva, al termine del mandato, se non ha sviluppato sinergie alternative al servizio principale e/o se i termini economici dei nuovi bandi sono stati abbassati. L’attenzione al fare, e al fare bene, distrae da uno dei principali obiettivi dell’organizzazione: monitorare, studiare e progettare l’evoluzione delle esigenze del mercato che risulta essere potenzialmente molto ricco, vista la continua e costante volatilità del servizio pubblico.

Lavorare sul Valore, in tutte le organizzazione, vuol dire essere in grado di comunicare correttamente la propria attività, di studiare e offrire nuove soluzioni a vecchie e nuove esigenze, fare tesoro dell’esperienza diretta per progettare e promuovere una nuova organizzazione dell’offerta, utilizzare la forza dei soci per promuovere l’attività e confrontarsi con gli stakeholder.

Proprio per il suo carattere “naturalmente” ibrido, la cooperazione recepisce in anticipo e con particolare evidenza le tensioni materiali e culturali tra mondi profit e non profit, tra agire strumentale e motivazione intrinseca, tra produzione e riproduzione sociale, tra mercato e comunità politica. Questo è il potere della cooperazione sociale e, come tutti i poteri, non può essere attivato o disattivato a piacimento.

Occorre volere per saperlo utilizzare, mettere a valore, trasformare in azione collettiva e intervenire su:

  • L’evoluzione del modello di business, cioè l’insieme delle logiche secondo le quali un’organizzazione crea, distribuisce e raccoglie il valore. È uno dei temi sui quali concentrarsi. Il “modello di business” della cooperazione – cresciuto in un rapporto di dipendenza dalle risorse pubbliche e delle agevolazioni fiscali – è in crisi e va ripensato. Con tutte le implicazioni culturali, organizzative ed economiche del caso.
  • La capacità di attirare fondi pubblici per incentivare le idee imprenditoriali a contenuto sociale dei giovani, delle donne, dei disoccupati, degli inoccupati e di altre categorie svantaggiate. L’attuazione di progetti di rete atti a sviluppare modelli di inclusione con il coinvolgimento di enti pubblici, altre cooperative ed imprese sociali, imprese profit, fondazioni e altri soggetti non aventi scopo di lucro. Strutturare servizi domiciliari ai privati e alle imprese con orizzonti temporali di lungo periodo e di immagini strategiche del futuro.
  • La cooperazione sociale deve tornare ad attirare giovani motivati e capaci, che vedono nel suo ruolo un approdo vocazionale, che fornisce sia libertà materiale che motivazione intrinseca le cui parole chiave sono: innovazione sociale, condivisione, coinvolgimento, sostenibilità, comunità, networking, impatto, bisogni, tecnologia e disintermediazione.

Volere affrontare il cambiamento. Oggi, questo ha a che fare con le conseguenze del Covid-19 perché non possiamo evitare di fare i conti con ciò che sta accadendo. Come in tutti i momenti di rottura, questa crisi potrebbe rivelarsi una risorsa preziosa per ricostruire un tessuto sociale, umano e lavorativo che avvantaggia la cooperazione.

Volere vuol dire fare i conti con ciò che è necessario, con ciò che si deve fare, con ciò che bisognerà imparare a fare e a comunicare e a come lavorare e relazionarsi con gli altri. E anche: saper stare su dei mercati non sempre costruiti su misura dove l’innovazione, le soluzioni a misura d’uomo, la socialità e la solidarietà potranno essere le nuove leve per lo sviluppo delle Cooperative.

Published On: 6 Gennaio 2021 / Categories: Associati, Caputmundi 4Care, Risorse Umane e Organizzazione /

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